Ma in cucina continuo a stare. Per leggere, lavorare, giocare con le piccole. Non che manchi lo spazio, adesso. Ma è così, un amore spassionato per quella stanza che più di tutti incarna per me l'essere famiglia. Il calore (reale e spirituale), i... profumi ("Ma 'sta puzza di cipolla alle 5 del pomeriggio, non ti pare di esagerare?" "Puzza???ma quale puzza? sei proprio un uomo"), stare in dodici a un tavolo da otto con la tovaglia da sei allungata con il set americano (nb: informarsi sulla prossima fiera del bianco)
Giusto un mesetto fa, sono incappata in un libro. Piccolo davvero, visto e rivisto sugli scaffali e mai acquistato. Insomma, alla centesima volta, voilà, infilato nel carrello. A quel suo titolo, non potevo proprio resistere.
Io, ahimé, ho tutto il ripiano in rovere (follia di un pomeriggio all'Ikea, olio di cocco compreso). Ma inalterato è il piacere di stare in cucina, di condividere, sporcarla (ripulirla, un po' meno, vedi rovere di cui sopra), stiparla di quei mille accidenti inutili (= quelle f-o-n-d-a-m-e-n-t-a-l-i venti coccottine di misura diversa e le teglie di acciaio, e quelle Agnelli che fanno tanto profescional e poi quelle in silicone che si fa prima, e poi e poi e poi), massacrarla con qualcosa di buono e anche sì con i miei fallimenti. Un amore che viaggia con me, a ogni breve trasloco, che sia tra mura o a pelo d'acqua. Ma quella è un'altra storia. La prossima.