lunedì 13 agosto 2012

Dietro le quinte

Quattro mesi dopo. Le rondini ora sono accovacciate all'ombra. Non più sul mio bucato, finalmente. Tanti giorni d'estate sono già trascorsi. Carichi di mare, focacce, insalate, piattini freschi, tanta voglia di torte piene di frutta ma... pochissima di cuocerle. Poca voglia di cucinare in generale, in effetti. L'inverno ha lasciato delle ferite di fatica da rimarginare, un gelato (più biscottino, anzi due, canestrelli magari) la sera possono bastare.

Ma in cucina continuo a stare. Per leggere, lavorare, giocare con le piccole. Non che manchi lo spazio, adesso. Ma è così, un amore spassionato per quella stanza che più di tutti incarna per me l'essere famiglia. Il calore (reale e spirituale), i... profumi ("Ma 'sta puzza di cipolla alle 5 del pomeriggio, non ti pare di esagerare?" "Puzza???ma quale puzza? sei proprio un uomo"), stare in dodici a un tavolo da otto con la tovaglia da sei allungata con il set americano (nb: informarsi sulla prossima fiera del bianco)

Giusto un mesetto fa, sono incappata in un libro. Piccolo davvero, visto e rivisto sugli scaffali e mai acquistato. Insomma, alla centesima volta, voilà, infilato nel carrello. A quel suo titolo, non potevo proprio resistere.



E insomma, ho messo forse un paio d'ore in tutto (interruzioni comprese) a leggerla, l'opera prima di Banana Yoshimoto. Tutto un altro mondo, il suo Giappone. Eppure, quanto mi sono ritrovata. Nel benessere che una cucina sa emanare, nei ricordi che custodisce, che ci accompagnano e rassicurano. Dalla peperonata di nonna Lidia, alla passata di pomodoro fatta in casa con nonna Camilla, ai compiti e merenda al pomeriggio con mamma. Tutto a quei tavoli di marmo bianco, da rabbrividire al tocco d'inverno e abbracciare d'estate.

Io, ahimé, ho tutto il ripiano in rovere (follia di un pomeriggio all'Ikea, olio di cocco compreso). Ma inalterato è il piacere di stare in cucina, di condividere, sporcarla (ripulirla, un po' meno, vedi rovere di cui sopra), stiparla di quei mille accidenti inutili (= quelle f-o-n-d-a-m-e-n-t-a-l-i venti coccottine di misura diversa e le teglie di acciaio, e quelle Agnelli che fanno tanto profescional e poi quelle in silicone che si fa prima, e poi e poi e poi), massacrarla con qualcosa di buono e anche sì con i miei fallimenti. Un amore che viaggia con me, a ogni breve trasloco, che sia tra mura o a pelo d'acqua. Ma quella è un'altra storia. La prossima.